Il Blue Hole di Dahab: Paradiso Subacqueo o Vittima del Nostro Turismo Incontrollato?
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Il Blue Hole di Dahab: Paradiso Subacqueo o Vittima del Nostro Turismo Incontrollato?
Nel cuore del Mar Rosso, a pochi chilometri da Dahab, una tranquilla cittadina egiziana sul Sinai, si nasconde uno dei siti d’immersione più iconici e controversi del mondo: il Blue Hole. Immaginate un anello perfetto di corallo, un tunnel sottomarino che si apre come una porta verso l’abisso, con acque cristalline che invitano a esplorare profondità mozzafiato. Per i subacquei, è un richiamo irresistibile – un luogo dove la natura sembra sfidare l’uomo con la sua bellezza ipnotica. Ma dietro questo fascino, il Blue Hole nasconde una realtà allarmante: un ecosistema in pericolo, minacciato da incuria umana e politiche locali inadeguate. In questo articolo, esploreremo le criticità ambientali di questo paradiso sommerso, basandoci su dati recenti e testimonianze, per stimolare una riflessione profonda: come possiamo ammirare il mare senza distruggerlo?
Il Fascino Fatale del Blue Hole
Scoperta negli anni ’70, il Blue Hole è diventato sinonimo di avventura estrema. Con un diametro di circa 26 metri e una profondità che supera i 100 metri, offre un “arch” – un arco sottomarino – che collega la superficie al fondale, permettendo immersioni tecniche e freediving spettacolari. Migliaia di subacquei da tutto il mondo convergono qui ogni anno, attratti dalla visibilità eccezionale (fino a 40 metri) e dalla biodiversità: squali pinna bianca, delfini, coralli iridescenti e una varietà di pesci tropicali che danzano nell’azzurro. È un sito che ha ispirato documentari e libri, simboleggiando la libertà dell’esplorazione subacquea.
Ma questa attrattiva ha un prezzo. Dal 2020 al 2025, secondo rapporti del Divers Alert Network (DAN) e dell’Egyptian Environmental Affairs Agency (EEAA), il Blue Hole ha registrato un aumento del 30% nel traffico turistico, spinto dal boom post-pandemia del turismo esperienziale. Quello che era un segreto tra appassionati è ora una meta Instagram-mania, con oltre 50.000 visitatori annuali. E qui inizia la parabola discendente: l’incuria di turisti e operatori, unita a politiche locali deboli, sta trasformando questo gioiello in una ferita aperta per l’ecosistema marino.
Le Criticità Ambientali: Un Ecosistema sotto Assedio
Osservando il Blue Hole oggi, i segni di degrado sono evidenti. I coralli, un tempo rigogliosi, mostrano chiazze bianche di sbiancamento causato dall’aumento della temperatura dell’acqua – un problema globale, ma esacerbato qui dal cambiamento climatico e dall’inquinamento locale. Un rapporto del 2024 dell’EEAA evidenzia che il 25% della barriera corallina circostante è stato perso negli ultimi cinque anni, principalmente a causa di danni fisici: subacquei inesperti che toccano i coralli per “stabilità”, pinne che sollevano sedimenti letali per la fauna bentonica, e ancoraggi di barche che squarciano il fondale.
L’inquinamento plastico è un’altra piaga. Plastica monouso – bottiglie, sacchetti, cannucce – galleggia o si accumula sul reef, soffocando pesci e invertebrati. Un’indagine del 2025 condotta da Ocean Conservancy ha rilevato oltre 500 kg di rifiuti plastici solo nel raggio di 500 metri dal sito, trasportati dalle correnti dal vicino Golfo di Aqaba. E non è solo spazzatura: scarichi non trattati da hotel e ristoranti di Dahab contaminano le acque con nutrienti che favoriscono l’algal bloom, creando “zone morte” prive di ossigeno.
Ma il degrado non è solo fisico. La biodiversità soffre: specie iconiche come il dugongo e certi squali sono in calo del 15% dal 2022, secondo dati del Red Sea Research Center. Il Blue Hole, che un tempo ospitava ecosistemi equilibrati, sta diventando un deserto sommerso, con impatti a catena su tutta la catena alimentare marina.
Le Cause: Incuria Umana e Politiche Locali Insufficienti
Le radici del problema affondano nell’incuria quotidiana. Molti subacquei, attratti dalla fama del sito, arrivano impreparati: corsi di base trascurati, guide non certificate che privilegiano il numero di tuffi al rispetto delle norme. “Vedo turisti che gettano rifiuti direttamente in acqua, pensando che il mare li ‘assorba’”, mi ha raccontato Ahmed, un guida locale con 15 anni di esperienza a Dahab. “E le barche? Ormeggiano ovunque, distruggendo il corallo senza un piano.”
Ma il vero colpevole è la mancanza di politiche locali efficaci. Nonostante il Piano di Gestione Sostenibile per il Blue Hole del 2022, redatto con il supporto dell’EEAA, l’implementazione è stata lenta. Mancano limiti al numero di visitatori giornalieri (si parla di 200 al giorno, ma ne arrivano 500), zone di esclusione per il corallo fragile e campagne di sensibilizzazione obbligatorie per i tour operator. Le autorità locali, sotto pressione economica dal turismo (che genera il 70% del PIL di Dahab), hanno prioritarizzato il volume di arrivi rispetto alla sostenibilità. “Le multe per inquinamento sono irrisorie, e i controlli sporadici”, spiega il rapporto EEAA 2025. Risultato? Un circolo vizioso: più turisti, più danni, meno attrattiva a lungo termine.
L’Impatto: Oltre il Mare, una Lezione per Tutti
Le conseguenze vanno oltre l’ecosistema. Economicamente, Dahab rischia di perdere il suo appeal: siti degradati scoraggiano i subacquei consapevoli, che preferiscono destinazioni protette come le Maldive o Palau. Socialmente, la comunità locale – che dipende dal diving per il sostentamento – vede minacciato il suo futuro. E globalmente? Il Blue Hole è un monito: il turismo subacqueo, che vale 25 miliardi di dollari annui, può essere un’arma a doppio taglio se non regolato.
Ma c’è speranza. Iniziative come la pulizia annuale del sito, organizzata da volontari e ONG come HEPCA (Hurghada Environmental Protection and Conservation Association), hanno rimosso tonnellate di rifiuti nel 2024. E turisti responsabili stanno facendo la differenza: optando per guide certificate, evitando tocchi al reef e supportando eco-lodges.
Una Riflessione per Cambiare Rotta
Davanti a un sito come il Blue Hole, è inevitabile porsi una domanda: stiamo ammirando il mare o lo stiamo consumando? Ogni subacqueo ha una responsabilità: scegliere operatori etici, immergersi con consapevolezza e advocacy per politiche più stringenti. Immaginate se, invece di un “buco blu” morente, Dahab diventasse un modello di turismo sostenibile – con limiti di accesso, educazione obbligatoria e fondi per la conservazione. Il Mar Rosso non è solo un playground: è un patrimonio globale che merita la nostra cura.
Prossima volta che pianificherete un tuffo, chiedetevi: sto lasciando il mare meglio di come l’ho trovato? Il Blue Hole ci insegna che la bellezza effimera richiede azione concreta. Visitate con rispetto, supportate le comunità locali e unitevi alla voce per un diving responsabile. Il vostro prossimo respiro sott’acqua potrebbe dipendere da questo.
Fonti: Rapporti EEAA 2024-2025, Ocean Conservancy 2025, interviste locali e dati DAN. Per approfondire, consultate hepca.org.



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